Post by 7Figo on Jun 18, 2007 14:57:23 GMT
A revista italiana ‘Panorama’ publicou um artigo no qual considerava o português Luís Figo, como o exemplo “máximo do homem moderno”.
De acordo com a mesma publicação, o internacional português é pela sua “virilidade e simplicidade”, um homem com quem “qualquer mulher gostaria de viver para o resto da vida. A ‘Panorama’ relembra ainda que há cinco anos, Figo foi eleito pelas asiáticas como o jogador mais ‘sexy’ do Mundo.
Aqui fica o artigo ...
È nato poverissimo. Oggi ha un superingaggio in nerazzurro, una moglie che tutti gli invidiano e una casa a picco sul Lago di Como. Ma è rimasto una persona normale.
La prima cosa curiosa è che da piccolo era biondo, quasi cenere. Oggi le donne lo considerano sex symbol proprio perché nero e villoso. Quelle asiatiche lo votano da cinque anni il calciatore più erotico del mondo, ma dicono di preferirlo più marito che amante. Luis Filipe Madeira Coeiro, in arte Figo, è considerato il massimo dell'uomo moderno perché virile e normale. Sembra dare fiducia e garanzie per camminare con lui dentro la vita. Dicono sia così anche fuori dalla fiaba e dai sondaggi.
È un nato povero, è romantico e concreto. Non ha dimenticato la fatica dell'infanzia, quando viveva nel quartiere Almada, a Lisbona, pieno di operai e piccoli combattenti della strada. Da due anni ha creato una Fondazione Luis Figo con cui cerca di aiutare i ragazzi come lui, pieni di talento, voglia di vivere e sincera miseria di periferia. È figlio unico, molto attaccato ai suoi genitori, Antonio e Maria Joana. Quando smetterà con il calcio tornerà a vivere a Lisbona, ora ha appena trovato una villa a picco sul Lago di Como non lontano da quella di George Clooney. Sua madre dice che Luis è nato con un pallone accanto.
A due anni si ruppe la testa contro il palo di una piccola porta improvvisata. Da ragazzino non mangiava e non beveva se non aveva accanto il suo pallone. A 12 anni giocava nelle giovanili dello Sporting, la squadra di cui è rimasto tifosissimo. Figo è stato non il più grande, ma il miglior giocatore degli ultimi dieci anni. Nel senso della qualità pura. Non è mai stato un attaccante vero, quindi è entrato nella storia a piccole dosi. Figo è «un adiuvante», gioca fra quelli che preparano il gol.
In quel mestiere è stato il migliore. Non ha mai avuto grandi muscoli, è stato forse l'ultimo dei giocatori normali. È stato calcio puro, completo, rotondo, solare, tecnica abbinata alla velocità. Con David Beckham, il miglior cross del mondo; ma più di Beckham una facilità sorprendente di saltare l'avversario. Figo più che un campione è stato uno schema. Palla come vi pare, dove vi pare, poi finalmente a lui, sulla fascia destra. Il resto era invenzione, dribbling e cross, quasi inarrestabili.
È stato spesso paragonato a Garrincha, la grande ala destra del Brasile di Pelè, il primo Brasile campione del mondo. Garrincha era esile e storto. Aveva una povertà leggendaria e una lieve zoppia che rendeva la sua finta innaturale, quindi non arginabile. Figo è prima di tutto un atleta, meno diabolico, non riassumibile in un solo colpo, più completo. Però anche lui, come Garrincha, con addosso la solitudine del fuoriclasse.
La condanna all'incompletezza. Per dar valore al suo lavoro, ha bisogno di un grande attaccante al fianco. Altrimenti è solo uno spettacolo, non un gol. Questo è stato il suo vero rimpianto. Come tutti i portoghesi Figo sente moltissimo l'amore per la sua terra e la sua nazionale. I portoghesi nel calcio vivono in simbiosi con i brasiliani. Nel loro campionato i brasiliani hanno tesseramento libero: questa promiscuità ha sempre fatto dei portoghesi degli artisti del pallone. Ma con un grande limite, gli attaccanti.
Il calcio portoghese non prevede il gol, è dolce e inespresso, una specie di lento, infinito amore con se stessi. Garrincha aveva Pelè che concludeva il suo lavoro. Figo non ha avuto nessuno. Eppure, la sua generazione è stata la migliore nella storia del Portogallo. Sotto la direzione di un allenatore diverso, improvvisamente moderno, Artur Jorge, i «ragazzi del '72» vinsero per due anni consecutivi i campionati mondiali giovanili.
Con Figo c'era il suo grande amico Rui Costa, poi Joao Pinto, Fernando Couto, Paolo Sousa e molti altri. Tutti hanno fatto una grande carriera, ma poco hanno portato al Portogallo. Erano tutti giocolieri, avevano tutti magia. Si sfinivano, ma mancava l'attaccante. Figo è stato più magico degli altri. L'unico ad aver vinto il Pallone d'oro (2000), ad aver giocato nei club più importanti (metà carriera nel Barcellona, metà nel Real), il più popolare e, fra i ricchi, certamente il più ricco.
Fu Johan Cruyff a scoprirlo e a volerlo al Barcellona per sostituire Laudrup. Figo aveva 22 anni e giocava come un dio. Scoprirlo era stato facile, comprarlo molto meno. Lo voleva anche il Real, fu pagato 40 miliardi, gli fu messa addosso una clausola rescissoria di 120. Chi lo voleva avrebbe dovuto pagare quella cifra, impensabile per l'epoca. Fu la difficoltà di averlo che fece innamorare Florentino Perez.
Non era ancora presidente del Real, anzi sembrava non dovesse diventarlo mai. Presidente era Lorenzo Sanz che aveva vinto a maggio la Champions league. Le elezioni erano a giugno: come poteva riuscire Perez a battere Sanz che aveva aggiunto una Champions alla bacheca? «Ci vorrebbe Figo» disse per scherzo un amico di Florentino. Ma Perez ebbe un sussulto, un'illuminazione e un telefono.
Due giorni dopo convocò i giornalisti e annunciò che aveva in mano Luis Figo. Bastava eleggerlo. «Come possiamo crederti?» gridarono i 55 mila soci elettori quasi con scherno. Perez andò allora alla tv, chiamò le radio, aprì le finestre e disse: «Se vengo eletto e Figo non arriva, pago io l'abbonamento a tutti i 55 mila soci del Real».
Figo andò a Madrid, dove è rimasto cinque stagioni. Fu un trasferimento scioccante, ci furono rivolte di popolo, la gente di Catalogna non perdonò il tradimento. Quando Figo tornò a giocare a Barcellona con il Real, gli tirarono di tutto, perfino una macabra testa di maialino arrostita la cui foto fece il giro del mondo. Sei anni fa, poco prima di passare al Real, Figo ha incontrato a Barcellona la donna del suo destino. Siccome gli opposti si attraggono, lei si chiama Helena Svedin ed è biondissima.
È una top model svedese, sfila ancora, ha molte richieste ma anche molte gravidanze. In sei anni tre figlie, Daniela, Martina e l'ultima, Stella, di pochi mesi. Helena era a Barcellona per una sfilata. Incontrò Luis la sera a un concerto di flamenco. La leggenda dice che, finito il concerto, ballarono tutta la notte bulerias, tango e fandango. Poi fu l'amore che dura ancora. Helena tiene molto a essere una buona donna di casa. Le piace cucinare, occuparsi di lui.
A Madrid aveva aperto con un'amica, sempre modella, un ristorante di cucina giapponese, il Kin Sushi Bar, poi venduto. Figo invece ha un grande locale di intrattenimento in Algarve, a Vilamoure. È ristorante, bar, discoteca, internet point. Si chiama Sete, che vuol dire sette, il suo numero nel calcio che a Madrid aveva dovuto scordarsi perché era di Raul, idolo indigeno. Lo riavrà adesso all'Inter.
Ecco, l'Inter. L'acquisto di Figo è stato accolto in modo contrastante tra i fedeli. C'è chi sostiene sia uno dei soliti acquisti da esibire, spesso cari a Massimo Moratti. E c'è invece chi si entusiasma. La verità esiste poche volte e nel calcio d'estate è ancora più vicina al niente, ma è possibile che Figo finisca per essere decisivo nell'Inter. Perché sa vincere, perché ha giocato solo in grandi club, perché ha giocato solo grandi stagioni e solo grandi partite.
Nell'Inter di giocatori così non ce ne sono. Il fuoriclasse è un ragazzone di 23 anni che si sta affermando adesso (Adriano). Il playmaker è un altro ragazzo di Valparaiso, Cile, che ha sempre giocato nell'Udinese. Nell'Inter hanno vinto un campionato in Italia solo Stankovic, Favalli e Veron, tutti nella Lazio e nello stesso anno, quindi senza replay. Uno ne ha vinto anche Morfeo con il Milan, ma da ampia riserva. In quattro hanno vinto la metà degli scudetti di Paolo Maldini.
Figo porterà questa sapienza, quest'abitudine a pensare in grande che da sola non basta a vincere, ma senza la quale non si comincia nemmeno. È sbagliato anche pensarlo vecchio. È vero che le ali nel calcio sono quelle che finiscono prima perché basano il loro gioco sullo scatto, la più deperibile delle merci atletiche. Figo però ha qualità tecniche straordinarie. Anche se non salta più facilmente l'avversario, sa ancora aggirarlo con i suoi cross tagliati, ancora i migliori del mondo. Perché il Real lo avrebbe allora ceduto? Perché Luxemburgo, il tecnico brasiliano portato a Madrid da Arrigo Sacchi nel gennaio scorso, non gioca con le ali.
Il suo schema è simile a quello del Milan. Luxemburgo preferisce la scienza in mezzo al campo, sulle fasce laterali lascia galoppino attaccanti puri o terzini. In realtà Figo ha giocato un'ottima stagione anche lo scorso anno. È un professionista serio, si allena molto, ubbidisce sempre, ha una vita privata non macchiata nemmeno dall'ombra di un gossip. Non ha mai avuto grandi infortuni, quindi è integro. Avrà 33 anni il 4 novembre. Nedved li compirà il 30 agosto, Thuram li ha compiuti il 1° gennaio, Stam il 17 luglio, Zauli un anno fa.
Insomma, c'è tempo. E se non altro questo vecchio ragazzo portoghese che ama il fado di Misia e Dulce Pontes, un fado meno triste di quello di Amalia Rodrigues, più dentro il proprio tempo, questo vecchio ragazzo almeno sa giocare, anche da fermo. Basterà guardarlo per riempirsi gli occhi. E non è detto poi che Moratti le sbagli tutte.
22/8/2005
De acordo com a mesma publicação, o internacional português é pela sua “virilidade e simplicidade”, um homem com quem “qualquer mulher gostaria de viver para o resto da vida. A ‘Panorama’ relembra ainda que há cinco anos, Figo foi eleito pelas asiáticas como o jogador mais ‘sexy’ do Mundo.
Aqui fica o artigo ...
Bravo, sexy e molto figo
È nato poverissimo. Oggi ha un superingaggio in nerazzurro, una moglie che tutti gli invidiano e una casa a picco sul Lago di Como. Ma è rimasto una persona normale.
La prima cosa curiosa è che da piccolo era biondo, quasi cenere. Oggi le donne lo considerano sex symbol proprio perché nero e villoso. Quelle asiatiche lo votano da cinque anni il calciatore più erotico del mondo, ma dicono di preferirlo più marito che amante. Luis Filipe Madeira Coeiro, in arte Figo, è considerato il massimo dell'uomo moderno perché virile e normale. Sembra dare fiducia e garanzie per camminare con lui dentro la vita. Dicono sia così anche fuori dalla fiaba e dai sondaggi.
È un nato povero, è romantico e concreto. Non ha dimenticato la fatica dell'infanzia, quando viveva nel quartiere Almada, a Lisbona, pieno di operai e piccoli combattenti della strada. Da due anni ha creato una Fondazione Luis Figo con cui cerca di aiutare i ragazzi come lui, pieni di talento, voglia di vivere e sincera miseria di periferia. È figlio unico, molto attaccato ai suoi genitori, Antonio e Maria Joana. Quando smetterà con il calcio tornerà a vivere a Lisbona, ora ha appena trovato una villa a picco sul Lago di Como non lontano da quella di George Clooney. Sua madre dice che Luis è nato con un pallone accanto.
A due anni si ruppe la testa contro il palo di una piccola porta improvvisata. Da ragazzino non mangiava e non beveva se non aveva accanto il suo pallone. A 12 anni giocava nelle giovanili dello Sporting, la squadra di cui è rimasto tifosissimo. Figo è stato non il più grande, ma il miglior giocatore degli ultimi dieci anni. Nel senso della qualità pura. Non è mai stato un attaccante vero, quindi è entrato nella storia a piccole dosi. Figo è «un adiuvante», gioca fra quelli che preparano il gol.
In quel mestiere è stato il migliore. Non ha mai avuto grandi muscoli, è stato forse l'ultimo dei giocatori normali. È stato calcio puro, completo, rotondo, solare, tecnica abbinata alla velocità. Con David Beckham, il miglior cross del mondo; ma più di Beckham una facilità sorprendente di saltare l'avversario. Figo più che un campione è stato uno schema. Palla come vi pare, dove vi pare, poi finalmente a lui, sulla fascia destra. Il resto era invenzione, dribbling e cross, quasi inarrestabili.
È stato spesso paragonato a Garrincha, la grande ala destra del Brasile di Pelè, il primo Brasile campione del mondo. Garrincha era esile e storto. Aveva una povertà leggendaria e una lieve zoppia che rendeva la sua finta innaturale, quindi non arginabile. Figo è prima di tutto un atleta, meno diabolico, non riassumibile in un solo colpo, più completo. Però anche lui, come Garrincha, con addosso la solitudine del fuoriclasse.
La condanna all'incompletezza. Per dar valore al suo lavoro, ha bisogno di un grande attaccante al fianco. Altrimenti è solo uno spettacolo, non un gol. Questo è stato il suo vero rimpianto. Come tutti i portoghesi Figo sente moltissimo l'amore per la sua terra e la sua nazionale. I portoghesi nel calcio vivono in simbiosi con i brasiliani. Nel loro campionato i brasiliani hanno tesseramento libero: questa promiscuità ha sempre fatto dei portoghesi degli artisti del pallone. Ma con un grande limite, gli attaccanti.
Il calcio portoghese non prevede il gol, è dolce e inespresso, una specie di lento, infinito amore con se stessi. Garrincha aveva Pelè che concludeva il suo lavoro. Figo non ha avuto nessuno. Eppure, la sua generazione è stata la migliore nella storia del Portogallo. Sotto la direzione di un allenatore diverso, improvvisamente moderno, Artur Jorge, i «ragazzi del '72» vinsero per due anni consecutivi i campionati mondiali giovanili.
Con Figo c'era il suo grande amico Rui Costa, poi Joao Pinto, Fernando Couto, Paolo Sousa e molti altri. Tutti hanno fatto una grande carriera, ma poco hanno portato al Portogallo. Erano tutti giocolieri, avevano tutti magia. Si sfinivano, ma mancava l'attaccante. Figo è stato più magico degli altri. L'unico ad aver vinto il Pallone d'oro (2000), ad aver giocato nei club più importanti (metà carriera nel Barcellona, metà nel Real), il più popolare e, fra i ricchi, certamente il più ricco.
Fu Johan Cruyff a scoprirlo e a volerlo al Barcellona per sostituire Laudrup. Figo aveva 22 anni e giocava come un dio. Scoprirlo era stato facile, comprarlo molto meno. Lo voleva anche il Real, fu pagato 40 miliardi, gli fu messa addosso una clausola rescissoria di 120. Chi lo voleva avrebbe dovuto pagare quella cifra, impensabile per l'epoca. Fu la difficoltà di averlo che fece innamorare Florentino Perez.
Non era ancora presidente del Real, anzi sembrava non dovesse diventarlo mai. Presidente era Lorenzo Sanz che aveva vinto a maggio la Champions league. Le elezioni erano a giugno: come poteva riuscire Perez a battere Sanz che aveva aggiunto una Champions alla bacheca? «Ci vorrebbe Figo» disse per scherzo un amico di Florentino. Ma Perez ebbe un sussulto, un'illuminazione e un telefono.
Due giorni dopo convocò i giornalisti e annunciò che aveva in mano Luis Figo. Bastava eleggerlo. «Come possiamo crederti?» gridarono i 55 mila soci elettori quasi con scherno. Perez andò allora alla tv, chiamò le radio, aprì le finestre e disse: «Se vengo eletto e Figo non arriva, pago io l'abbonamento a tutti i 55 mila soci del Real».
Figo andò a Madrid, dove è rimasto cinque stagioni. Fu un trasferimento scioccante, ci furono rivolte di popolo, la gente di Catalogna non perdonò il tradimento. Quando Figo tornò a giocare a Barcellona con il Real, gli tirarono di tutto, perfino una macabra testa di maialino arrostita la cui foto fece il giro del mondo. Sei anni fa, poco prima di passare al Real, Figo ha incontrato a Barcellona la donna del suo destino. Siccome gli opposti si attraggono, lei si chiama Helena Svedin ed è biondissima.
È una top model svedese, sfila ancora, ha molte richieste ma anche molte gravidanze. In sei anni tre figlie, Daniela, Martina e l'ultima, Stella, di pochi mesi. Helena era a Barcellona per una sfilata. Incontrò Luis la sera a un concerto di flamenco. La leggenda dice che, finito il concerto, ballarono tutta la notte bulerias, tango e fandango. Poi fu l'amore che dura ancora. Helena tiene molto a essere una buona donna di casa. Le piace cucinare, occuparsi di lui.
A Madrid aveva aperto con un'amica, sempre modella, un ristorante di cucina giapponese, il Kin Sushi Bar, poi venduto. Figo invece ha un grande locale di intrattenimento in Algarve, a Vilamoure. È ristorante, bar, discoteca, internet point. Si chiama Sete, che vuol dire sette, il suo numero nel calcio che a Madrid aveva dovuto scordarsi perché era di Raul, idolo indigeno. Lo riavrà adesso all'Inter.
Ecco, l'Inter. L'acquisto di Figo è stato accolto in modo contrastante tra i fedeli. C'è chi sostiene sia uno dei soliti acquisti da esibire, spesso cari a Massimo Moratti. E c'è invece chi si entusiasma. La verità esiste poche volte e nel calcio d'estate è ancora più vicina al niente, ma è possibile che Figo finisca per essere decisivo nell'Inter. Perché sa vincere, perché ha giocato solo in grandi club, perché ha giocato solo grandi stagioni e solo grandi partite.
Nell'Inter di giocatori così non ce ne sono. Il fuoriclasse è un ragazzone di 23 anni che si sta affermando adesso (Adriano). Il playmaker è un altro ragazzo di Valparaiso, Cile, che ha sempre giocato nell'Udinese. Nell'Inter hanno vinto un campionato in Italia solo Stankovic, Favalli e Veron, tutti nella Lazio e nello stesso anno, quindi senza replay. Uno ne ha vinto anche Morfeo con il Milan, ma da ampia riserva. In quattro hanno vinto la metà degli scudetti di Paolo Maldini.
Figo porterà questa sapienza, quest'abitudine a pensare in grande che da sola non basta a vincere, ma senza la quale non si comincia nemmeno. È sbagliato anche pensarlo vecchio. È vero che le ali nel calcio sono quelle che finiscono prima perché basano il loro gioco sullo scatto, la più deperibile delle merci atletiche. Figo però ha qualità tecniche straordinarie. Anche se non salta più facilmente l'avversario, sa ancora aggirarlo con i suoi cross tagliati, ancora i migliori del mondo. Perché il Real lo avrebbe allora ceduto? Perché Luxemburgo, il tecnico brasiliano portato a Madrid da Arrigo Sacchi nel gennaio scorso, non gioca con le ali.
Il suo schema è simile a quello del Milan. Luxemburgo preferisce la scienza in mezzo al campo, sulle fasce laterali lascia galoppino attaccanti puri o terzini. In realtà Figo ha giocato un'ottima stagione anche lo scorso anno. È un professionista serio, si allena molto, ubbidisce sempre, ha una vita privata non macchiata nemmeno dall'ombra di un gossip. Non ha mai avuto grandi infortuni, quindi è integro. Avrà 33 anni il 4 novembre. Nedved li compirà il 30 agosto, Thuram li ha compiuti il 1° gennaio, Stam il 17 luglio, Zauli un anno fa.
Insomma, c'è tempo. E se non altro questo vecchio ragazzo portoghese che ama il fado di Misia e Dulce Pontes, un fado meno triste di quello di Amalia Rodrigues, più dentro il proprio tempo, questo vecchio ragazzo almeno sa giocare, anche da fermo. Basterà guardarlo per riempirsi gli occhi. E non è detto poi che Moratti le sbagli tutte.
22/8/2005